Spalti vuoti, casse vuote.
La pandemia ha prosciugato le casse di tutte le principali squadre in Europa, ciononostante i progetti di costruzione e riammodernamento di molti stadi hanno proseguito il loro iter. L’Inghilterra continua ad essere il paese trainante negli investimenti in questo settore, seguita da Spagna e Francia.
Si stima che l’ammontare messo in campo per riammodernare le infrastrutture esistenti e costruire nuovi impianti superi i 2,5 miliardi di euro. Ancora una volta incredibilmente l’Italia è assente, sebbene sia la nazione con la più alta necessità di rinnovamento dei propri stadi.
Rendering, incontri, riunioni e polemiche. Il Belpaese sembra rimanere ancora incartato nella sua stessa burocrazia e così le belle intenzioni rimangono ancora sulla carta. Ciò inficia anche e soprattutto sulla salute finanziaria dei club italiani, ai quali vengono a mancare volumi di introiti importanti derivanti da una struttura di nuova generazione.
Oggi lo stadio non ospita più soltanto “la partita”. Gli eventi “iniziano” e terminano ben oltre la semplice partita di novanta minuti: bar, ristoranti, sale in cui giocare su Rabona bet, palestre, negozi e tanto atro.
Quali sono i club che stanno credendo di più in questo asset?
I tre progetti più onerosi
1) L’Everton, società inglese, detiene la leadership sull’investimento: circa 600 milioni per la realizzazione del suo nuovo stadio. Decadrà lo storico Goodison Park in favore di un impianto che ospiterà 52.000 spettatori già nel 2023.
2) Per metà dell’investimento dell’Everton sarà realizzato il “Nuovo Mestalla”, a Valencia. Un blocco nel 2009 aveva interrotto l’iter, oggi ripartito a pieno ritmo. Capienza 55.000 tifosi, consegna prevista nel 2026.
3) Per “soli” 250 milioni di euro, contemporaneamente all’inaugurazione del nuovo Mestalla, sarà realizzato il nuovo stadio del Nimes, società francese che milita nella Ligue 2 (la corrispondente della Serie B italiana). A lavori ultimati, l’impianto ospiterà nemmeno 10.000 tifosi in quello che si preannuncia una chicca di architettura e ingegneria.
Quest’ultimo esempio dimostra come gli investimenti sull’infrastruttura del calcio e del suo indotto non necessariamente puntano sul mero conseguimento dei risultati sportivi. Il calcio è business, in campo e soprattutto fuori.